JOLANDA LA FIGLIA DEL CORSARO NERO by Emilio Salgari

JOLANDA LA FIGLIA DEL CORSARO NERO by Emilio Salgari

autore:Emilio Salgari [Salgari, Emilio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: no cover, italiano, public domain, archivio italiano
ISBN: 9788854141094
Google: ZU77ugAACAAJ
pubblicato: 2012-11-15T10:06:25+00:00


«Un segnale degl'indiani?» chiese Morgan, sfoderando rapidamente la spada.

«È arrosto che si annuncia» disse Carmaux ridendo. «Buon uccello l'agami. Rincresce ucciderlo, ma il ventre non ragiona. Signor Morgan, datemi la vostra spada.»

Un bel volatile, grosso come un gallo, colle gambe lunghissime, colle penne nere sul collo e sulle ali, a riflessi azzurro dorati sotto il ventre e rossastri sul dorso, era balzato fuori da un cespuglio, salutando i naufraghi con un allegro strombetto.

Quel grazioso uccello non dimostrava alcun timore per la vicinanza di quelle tre persone, anzi le guardava a testa alta, starnazzando le ali e continuando la sua rumorosa fanfara.

«Non scappa no quel bravo uccello» disse Carmaux, vedendo che Morgan cercava qualche pezzo di ramo per lanciarglielo addosso, colla speranza di abbatterlo.

«Lasciate fare a me, capitano.»

Vedendo a qualche passo un calupo diavolo, pianta che produce dei semi che si ritengono ottimi contro i morsi dei serpenti, specialmente se messi in infusione coll'acquavite, sgusciò alcuni di quei granelli e li gettò al volatile, il quale si mise a beccarli tranquillamente.

«Vedete come si familiarizza subito colle persone» disse Carmaux. «Mi rincresce, lo ripeto, ma non abbiamo di meglio.»

Mentre con una mano continuava a gettare semi, coll'altra aveva impugnata la spada datagli da Morgan e, lentamente, s'accostava al povero uccello, il quale non si accorgeva del pericolo.

A un tratto la lama scintillò in aria e l'agami, decapitato di colpo, stramazzò fra le foglie secche, sbattendo le ali.

«Ah! Poveretto!» esclamò Jolanda. «Tradire così la sua fiducia.»

«Combattiamo la lotta per l'esistenza, signora» rispose Morgan. «Occupati del pane ora, vecchio mio, mentre io preparo l'arrosto.»

Aiutato dalla fanciulla fece raccolta di rami e riaccese il fuoco, poi si mise a spennacchiare il volatile, mentre Carmaux, aiutandosi colle liane, dava la scalata ad uno dei più grossi palmizi.

Pochi minuti dopo un rumore di fronde scosse e di rami schiantati annunciava a Morgan che anche il pane era assicurato.

Pane veramente non era, poiché i cavoli palmisti non hanno nulla a che fare cogli artocarpi che danno una pasta, che se non somiglia precisamente a quella che si ricava dalla farina, ne fa benissimo le veci, quantunque abbia un gusto che la fa piuttosto rassomigliare a quello di certe specie di zucche e del gambo dei carcioffi.

I palmisti producono invece una mandorla mostruosa, lunga talvolta quasi un metro e grossa anche come la gamba d'un uomo, bianca, liscia, di sapore eccellente e che per gl'indiani fa le veci della cassava, ossia delle gallette di manioca, quando questo tubero manca.

Carmaux, che era disceso, si era subito messo a scortecciare la mandorla, quando ai suoi orecchi giunse un rumore di foglie e di rami, come se qualcuno cercasse di aprirsi il passo fra le piante.

«Signor Morgan, all'erta!» gridò, balzando in piedi e porgendogli la spada. «Pare che qualcuno si avvicini.»

«Qualche animale?» chiese il filibustiere, gettandosi prontamente dinanzi a Jolanda.

«Non lo so, signore» rispose il marinaio, raccogliendo da terra un grosso ramo che poteva servirgli da randello. «Mi pareva che qualcuno corresse fra le piante.»

«Io non odo nulla; e voi, signora Jolanda?»

«Nemmeno» rispose la fanciulla.



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